venerdì 19 agosto 2011

Ri-Scudo

Ci risiamo: si riparla di scudo fiscale.

Da un lato si ipotizza una nuova imposta sui capitali già scudati, dall'altro si discute sull'opportunità di un nuovo scudo fiscale.

Iniziamo con il dire che queste due ipotesi sono in contraddizione tra loro. Se infatti lo Stato approvasse un prelievo aggiuntivo sui capitali scudati (e non si capisce se solo su quelli relativi all'ultimo scudo o anche a quelli relativi agli scudi precedenti), violerebbe il patto con i contribenti siglato con il relativo decreto in cui esplicitamente si assicurava che detti capitali non sarebbero stati soggetti ad ulteriore tassazione "straordinaria". Con quale credibilità questo stesso Stato si porrebbe quindi di fronte al contribuente infedele, nel sollecitarlo ad aderire ad una nuova proposta di scudo ?
Rinunciare ad un nuovo contributo sui capitali scudati, potrebbe al contrario aprire la porta ad una adesione nei confronti di un nuovo scudo fiscale, se non altro dimostrando che, anche in circostanze straordinarie, lo Stato mantiene con i contribuenti gli impegni sottoscritti.

La mia modesta opinione è che questo scudo, comunque ed al contrario degli altri, sarebbe sotto il profilo numerico, sia delle adesioni che del gettito, un fiasco annunciato.

Le ragioni sono molteplici. Innanzitutto la sfiducia nel sistema paese Italia da parte dei suoi stessi residenti, è aumentata rispetto al passato e, le mutate condizioni internazionali, rendono a mio avviso inevitabile una qualche forma di imposta patrimoniale, stabile o una tantum in un prossimo futuro.

Le norme in materia di mancata dichiarazione dei capitali detenuti all'estero, varate dal parlamento in concomitanza con l'ultimo scudo, sono un naturale deterrente all'esportazione furtiva dei capitali all'estero, ma la difficoltà di applicazione delle stesse e le relative sanzioni, ne annullano sotto il profilo probabilistico l'efficacia.

Lascitemi pero' inquadrare il problema dei capitali illecitamente esportati all'estero, nel suo contesto naturale, quello dll'evasione fiscale in Italia.

I numeri, o meglio la loro stima, circolano sulla stampa e sono oramai parte dell'immaginario collettivo. La caccia all'evasore che ha occultato i proventi (e quindi i mancati pagamenti al fisco) della propria attività in un qualche paradiso fiscale, rappresentano l'immagine meglio veicolata dai media del fenomeno evasione fiscale in Italia.

I numeri ci aiutano pero' a fare chiarezza.

L'imponibile sottratto al fisco annualmente in Italia è dell'ordine di 15/17 punti di PIL, in soldoni qualcosa come 250 miliardi di euro all'anno. Il mancato gettito viene calcolato in circa 120 miliardi di euro all'anno (la metà per la cronaca è IVA non pagata). Questi valori sono valori annui.

Da una recente analisi per Banca d'Italia di Valeria Pellegrini ed Enrico Tosti) dal titolo “Alla ricerca dei capitali perduti: una stima delle attività all’estero non dichiarate dagli italiani" estrapoliamo un valore di circa 150 miliardi di euro (la stima è ina forchetta tra 124 e 194 miliardi), per la ricchezza non dichiarata detenuta all'estero dai contribuenti italiani infedeli, post scudi fiscali dell'ultimo decennio. Di questi circa 100 miliardi sarebbero depositati in Svizzera.
Appare chiaro che, le suddette disponibilità rappresentano poco più  della metà dell'imponibile sottratto al fisco nel corso di un singolo anno fiscale. E quindi il fenomeno dell'evasione con capitali occultati all'estero è un fenomeno importante in valore assoluto, ma modesto in termini relativi.

Per i tempi che stiamo vivendo, il valore assoluto resta pero' un dato fondamentale e quindi riuscire ad incassare una parte piu' o meno importante delle imposte evase correlate a questi ipotetici 150 miliardi di euro, è un obiettivo da perseguire.

Ribadisco che un nuovo scudo fiscale, per le motivazioni già presentate, sarebbe un insuccesso clamoroso. Ma non tutto è perduto, anzi.

Il mondo nuovo che si va consigurando post 2008 (e post attacco del IRS all'UBS) ci consegna un alleato prezioso: la Confederazione Elvetica.

Sono di questi girni le indiscrezioni sugli accordi firmati tra la Gran Bretagna e la Svizzera e tra la Germania e la Svizzera, in materia di cooperazione fiscale. Da quanto è trapelato, le banche svizzere offriranno tre possibilità ai propri clienti tedeschi o inglesi, per sanare nei confronti delle rispettive amministrazioni fiscali, la propria posizione pregressa:

1) Autodichiararsi alle autorità fiscali del proprio paese

2) Pagare una sanzione variabile tra il 19 ed il 34 percento del patrimonio depositato, mantenere l'anonimato, e sanare la propria posizione pregressa.

3) Trasferire all'estero (presumibilmente in altri "paradisi fiscali"), i propri averi, ma non in filiali estere di banche svizzere.

In seguito, ai proventi dei beni depositati all'estero, verranno applicate imposte secondo le aliquote vigenti nei paesi di provenienza (Inghilterra e Germania).

In nuovo dato è che il sistema bancario svizzero farà da esattore per le autorità fiscali dei due stati citati.

So cosa state pensando: il mondo è cambiato davvero !

In realtà un tentativo per tassare i proventi dei capitali detenuti in Svizzera da parte di residenti europei, era stato fatto già qualche anno fa, con la introduzione della cosiddetta euroritenuta. I risultati di gettito per le varie tesorerie europee sono stati piu' che deludenti: la normativa infatti lasciava campo libero ad una serie di artifici giuridici che sono stati prontamente utilizzati dai gestori elvetici per minimizzare la ritenuta.

Questa volta, ne sono certo, sarà diverso. Confido sulla accortezza dei negoziatori inglesi e tedeschi: lo spazio per scappatoie legali sarà estremamente ridotto.

Per quale motivo la Confederazione Elvetica ha accettato una tale soluzione? Da un lato l'esperienza che citavo con le autorità fiscali statunitensi è stato il punto di svolta (un'esperienza da non ripetere ...), dall'altro il sistema bancario elvetico, ritiene l'Europa meno strategica del passato per la crescita delle attività "offshore".  

Non da ultimo, la crisi del 2008 ha fatto si che la lotta ai paradisi fiscali fosse una un comune denominatore di tutte le economie occidentali. Per uscire dalla cosiddetta "grey list", la Svizzera ha bisogno di concludere almeno 12 trattati fiscali con altrettanti paesi OCSE e, tra questi, non potevano non esserci la Germania e l'Inghilterra.

E l'Italia ?

Il ministro Tremonti ha assunto nel passato piu' o meno recente, un atteggiamento a dir poco intransigente nei confronti della Confederezione Elvetica (pare abbia detto: " nessun Paese serio fa trattati con i paradisi fiscali"). Sulla serietà di Germania ed Inghilterra esiste un ampio consenso e, anche le condizioni negoziate, appaiono interessanti.

Se il dato dei circa 100 miliardi di euro di patrimoni non dichiarati depositati in Svizzera è corretto per ordine di grandezza, la firma di un trattato fotocopia da parte dell'Italia, potrebbe contribuire significativamente a corroborare la manovra recentemente delineata.

Le opzioni lasciate ai clienti delle banche elvetiche, mi lasciano ipotizzare un livello di adesione al pagamento della sanzione molto elevato. Le piazze offshore su cui eventualmente si potrebbero dirottare i capitali non dichiarati, non godono certo dell'affidabilità riconosciuta alla piazza finanziaria elvetica da secoli e quindi, non potendo nemmeno usufruire delle filiali di banche elvetiche ivi domiciliate, i depositanti avrebbero un forte disincentivo al sottrarsi al pagamento.

E qui torniamo all'ipotesi di nuovo scudo. Contestualmente al nuovo trattato si potrebbe varare un nuovo provvedimento di rimpatrio dei capitali non dichiarati, con una aliquota a sconto rispetto a quelle negoziate con il trattato. Un siffatto incentivo potrebbe, nonostante maggiori oneri rispetto a quelli passati, incentivare un rimpatrio di attività finanziarie e liquidità effettivo nel nostro paese.

Il beneficio per il sistema Italia è che detta liquidità, al contrario di quanto avvenuto nel passato, potrebbe essere destinata, alla luce degli andamenti erratici dei mercati finanziari, all'economia reale (dall'immobiliare all'industria, ma anche ai consumi), invece che all'acquisto di titoli.

Un mia personalissima previsione è che, tra trattato e nuovo scudo fiscale, si potrebbe ipotizzare un "incasso" per lo Stato, non inferiore ai 10 miliardi di euro.


Per la restante parte dell'evasione, c'e' ancora molto da fare. Ma questa è un'altra storia e merita un altro post.





Nessun commento: